SUSA (To). Museo Diocesano d’Arte Sacra. Immacolata, di pittore piemontese della cerchia di Defendente Ferrari.

IMMACOLATA, Pittore piemontese, 1510-1520.
L’iconografia è quella tradizionale dell’Immacolata raccolta in preghiera, vestita in tunica blu lumeggiata con dettagli in oro; la circonda una mandorla d’oro raggiata ed è attorniata da angioletti, con una fiammella sul capo.
Gesù fa la sua comparsa al colmo del dipinto, incoronando sua Madre, i due sono divisi da un cartiglio recante la dicitura in latino “TOTA PULCH(RA) E(S) AMIC(A) MEA ET MACULA NO(N) E(ST) IN TE” (“Sei tutta bella, amica mia, e non vi è macchia in te. “); si tratta dell’antifona ai salmi dei vespri dell’Immacolata concezione.
La tavola è rettangolare, priva di cornice originale ed è stata decurtata, nella parte inferiore e ai lati, di un terzo della dimensione originale e, forse, anche degli scomparti laterali che l’accompagnavano.
Non si sono reperiti documenti che possano dare un nome all’autore, ma è certo che fu un pittore di notevole levatura professionale, che operò per chiese (parrocchiali, conventuali o monastiche che fossero) del ducato sabaudo. L’attività dell’anonimo artista può essere ricondotta nella sfera di influenza del pittore chivassese Defendente Ferrari, anche se la distanza tra i due è ben visibile se si nota la diversa impostazione del volto della Vergine frutto di una diversa concezione della figura.
I visi femminili di Defendente si caratterizzano per la forma allungata, i suoi volti affilati si aguzzano verso il mento; questo autore invece crea un viso dall’ovale perfetto, di una notevole pienezza di carne e delicatezza di carnagione. Se, come è probabile, lavorava nella sua bottega, la sua pittura raffinata è la cifra di un’autonomia operativa, dimostrata anche dal fatto che diede seguito a committenze personali, sganciate dalla bottega del Defendente. Lo stesso realizzò anche la pala centrale, una Annunciazione, del polittico della Madonna dei Laghi di Avigliana.
Nonostante le differenze sono molti gli accorgimenti iconografici comuni ai due maestri, riscontrabili soprattutto in alcune opere di Defendente realizzate tra il 1510 e il 1520 e ora conservate a Ciriè e Vercelli.
Una connotazione che invece differenzia il Maestro della Immacolata di Novaretto dal Ferrari è il valore sostanziale che il primo annette alle lumeggiature in pastiglia dorata, alle passamanerie cariche di pietre preziose: pare che i preziosismi decorativi nella sua pittura concorrano a dare consistenza alla forma delle figure.
Il periodo di esecuzione della tavola può essere compreso tra il 1510 e il 1520, anni questi della produzione dei dipinti per Ciriè e Vercelli da parte di Defendente.

Info:
Museo Diocesano d’Arte Sacra
Via Giuseppe Mazzini n.1 – Susa (To)
Telefono +39 0122622640
EMail: museo@controculturalediocesano.it
Web_ http://www.centroculturalediocesano.it
Apertura: dal 1° Luglio al 31 agosto: Domenica e Lunedì 15.00/18.00; Da Martedì a Sabato: 09.30/12.00 – 15.00/18.00
dal 1 settembre al 30 giugno_ da Sabato a Domenica: 14.30 – 18.00
Durante l’anno visite guidate su prenotazione
Tariffe: Intero: 5,00 € – Ridotto: 3,00 € per minori tra 12 e 18 anni, maggiori di 65, gruppi minimo 10 persone
Gratuito: disabili, giornalisti con tesserino, Guide Turistiche Provincia di Torino, possessori abbonamento musei, residenti a Susa.

Vedi anche:
https://www.comune.susa.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/museo-diocesano-di-arte-sacra-20695-1-47683e9acbe78ef9668fd91b4a8f1d1f

http://www.centroculturalediocesano.it/museo-di-susa.html

FIRENZE. Fondazione di Studi di Storia dell’Arte “Robetrto Longhi”. Congedo di Cristo dalla Madre con gli apostoli e le sante Anna ed Elisabetta (?), di Defendente Ferrari.

1525 circa, Tempera su tavola, 45,8 x 31.1 cm.

Plausibilmente acquistata da Roberto Longhi sul mercato antiquario (Boschetto 1971), e dallo studioso albese ascritta a “quel delizioso e gentile piccolo maestro del Piemonte antico che è Defendente Ferrari” (Viale 1939, p. 231), la tavola fu restaurata alla fine degli anni Settanta del Novecento.
Assotigliata e palchettata, mostra oggi un buono stato conservativo, fatti salvi gli incarnati degli apostoli e del Cristo, plausibilmente consunti dagli atti di fede dei proprietari.
Gesù qui raffigurato secondo un’iconografia molto particolare – presentato nell’atto di genuflettersi a una commossa Madre, sorretta dalla Maddalena – non derivando l’episodio nè dai Vangeli canonici nè da quelli apocrifi ma rintracciandosi in un’opera mistica che, accanto alla Legenda aurea di Jacopo da Varagine, era una dei testi di riferimento per la narrazione storico-artistica, indagando dettagliatamente la biografia di Cristo, tra infanzia e passione, con approfondimenti su gioie e dolori di Maria, le Meditationes Vitae Christi, composte tra il 1346 e il 1364 dallo Pseudo Bonaventura, verosimilmente identificabile nel francescano Giovanni de Caulibus da San Gimignano.
Da esse è tratto il brano, scolpito in lettere capitali d’oro nella tabella ansata sul parapetto marmoreo, che invita dunque alla meditazione della scena del congedo di Cristo dalla Madre: “TU CHE CONTE(M)PLA DEL VISO LO PERSPICACE ET ACUTO POTERE NEL DEIFI/CO SIMULACRO DEL SACRATO INTUITO DESTINA EL VIVO RADIO ET NE LA/ MENTE SIGILLA QUANTO IN VER DE LA DILECTA MATRE PAR CHE CON SUMMA HU/ MILITATE LA INEFABILE SAPIENTIA CLEMENTISSIMAMENTE SI EXHIBISCHA ET/ CON QUALE GRATIA LA MATERNA COMPASSIONE AL CORESPONDER SI MONSTRA/ CON AFFANATO CORDOGLIO (RESULTANTE ET MAIORE) PER LA MEMORIA/ DEL PARATO SUPLICIO CHE NEL CUORE FIXAMENTE/ IMPRESSO TENEVA CONSIDERATO BENE”.
Una tavoletta le cui dimensioni indicano, insieme agli sciupati volti, la destinazione privata e il carattere devozionale, forse proprietà clericale alla luce della dotta iscrizione, ricca di latinismi (Castelnuovo e Ginzburg, 1979).
Il dipinto, attribuito unanimemente a Defendente Ferrari (Chivasso?, 1480-1485 circa – documentato in ultimo il 12 novembre 1540), raramente ha suscitato l’attenzione di una critica che, tra fine Ottocento e la prima metà del Novecento, si è tuttavia ampiamente occupata di Defendente, giungendo a raccogliere oltre un centinaio di opere intorno al suo nome. Eppure, si tratta di un testo di notevole fascino e interesse, figlio dell’arte di un uomo attivo in un’area periferica e attento a “elementi di diversa origine, provenzali, fiamminghi, renani, lombardi” come indicavano Castelnuovo e Ginzburg (1979), con Gianni Romano (1996) che ne ha ricostruito area e arco di attività, atrettamente limitata all’ambito di influenza politica sabauda e a un raggio di poche decine di chilometri da Torino.
Date le numerose opere datate, il posizionamento cronologico della tavoletta longhiana risulta piuttosto agevole, collocandosi tra l’altarolo portatile ad ante raffigurante al centro l’Adorazione dei Magi e ai lati l’Adorazione del Bambino del 1523, oggi alla Galleria Sabauda di Torino, e l’Incoronazione della Vergine del Museo Civico d’Arte Antica in Palazzo Madama a Torino che, posizionata nell’ultimo lustro del terzo decennio del Cinquecento, segna uno slittamento verso modelli più avanzati di quelli mostrati dalla nostra tavoletta.
Essa, sia nella regia cromatica sempre vivace e intensa di una pellicola pittorica quasi smaltata, sia nell’attentissima resa tecnica e raffinatezza delle superfici – basti ammirare le lumeggiature a biacca o il tratto d’agemina dorata del manto frangiato della Madre, cesellato all’uso paterno, lui plausibilmente figlio dell’orafo Francesco “de Ferraris” (Romano 1996, p. 538) – recupera modelli danubiani in tangenze che, al di là delle desunzioni da modelli grafici sempre presenti nelle composizioni di Defendente, appaiono impressionanti anche nella definizione strutturale dell’immagine.
La riflettografia infrarossa, personalmente svolta nel gennaio 2001, evidenzia infatti un tratto eseguito a pennello e inchiostro carbonioso dalla formidabile e modernissima sprezzatura, accompagnata da un rapido e incisivo tratteggio accennato nelle zone d’ombra, poi doppiato nei geometrici e spezzati panneggi. Un fare il cui esempio più prossimo è nell’arte di Martin Schongauer, il Bel Martino protagonista di quel mondo nordico sempre presente nell’immaginario artistico e collezionistico del ducato sabaudo.

Bibliografia:
Boschetto, in La Collezione …1971, tav. 31;
Castelnuovo, Ginzburg 1979, pp. 331.352;
Meoni, in La Fondazione…1980, pp. 263-264;
Romano 1987, pp. 158-159;
Filippini, in La colecciòn Longhi: passiòn por la pintura...1998, p. 161, n. 15;
Manchinu, in La Collezione...2007, pp. 98-99.

Autore: Giovanni Carlo Federico Villa, in Alessio Geretti (a cura di) Apocrifi – Memorie e leggende oltre i Vangeli, Skira editore Milano 2009.

NIELLA TANARO (CN). Cappella della Confraternita dei Disciplinati di S. Antonio abate.

Nel centro storico. La ex Confraternita dei disciplinati di Sant’Antonio sorge a lato della Parrocchiale.
https://goo.glmaps/9botbQMKzcXgb4LE6
Parrocchia, tel. 0174 226123 o “Pro Loco” tel. 0174 226105

Niella Tanaro (Nigella ad Tanagrum) e il suo territorio, in origine abitati dai Ligures, dopo la conquista romana diventa parte della Gallia Cisalpina come Municipio di Augusta Bagiennorum.
Viene citata nei documenti come donazione imperiale al Vescovo di Asti (901) che delega il governo locale prima ai Marchesi Del Vasto e poi, dal 1142, ai Marchesi di Ceva. Pagus importante perché attraversato dalla via Bagienna (nota anche come via Sonia) e, in epoca medievale, dalla via Palmaria e da una Via del Sale, arterie trafficate (fondamentali) da e per la costa ligure. Niella Tanaro costituiva un nodo strategico di collegamento tra i più importanti centri piemontesi ed i porti liguri, fra i quali si erano sviluppati scambi commerciali, economici ed anche culturali. La fitta disseminazione lungo tali percorsi di edicole, cappelle ed oratori e la presenza in Niella di un Hospitale testimoniano anche il costante transito di fedeli sulle vie di pellegrinaggio.

La cappella dell’ex CONFRATERNITA DEI DISCIPLINATI DI SANT’ANTONIO ABATE in origine era un oratorio interamente affrescato.
L’edificio, più volte rimaneggiato, presenta un’architettura semplice con pianta a base rettangolare e volte a crociera.
I restauri ed i saggi stratigrafici, iniziati nel 2000, della parte absidale e della pavimentazione hanno portato in luce affreschi della prima metà del XVI secolo.
Sulla facciata a capanna si intravede la presenza di un affresco ormai perso (alcune testimonianze orali indicano un sant’Antonio abate con il maialino).

 

La parete di fondo presenta al centro la Madonna in Trono con Bambino tra Santi di fattura più antica quali san Giovanni Battista e sant’Antonio abate.
Questo affresco si rifà a modelli fiammingo rinascimentali ed è raffinato e di mano più colta di quelli di altra parte della chiesa; ricorda i caratteri di Defendente Ferrari (come anche quello della Vergine con il Bambino nella Cappella di San Nazario a Lesegno),
La Madonna dai tratti delicati, assisa su un semplice trono, tiene sulle ginocchia il Figlio che gioca con un uccellino (l’uccellino rimanda ai testi apocrifi e semplicemente indica una nota di fanciullesca gioia). Da notare la collanina di corallo che tinge il Bambino, antidoto contro il malocchia, simbolo di fortuna e prosperità, derivata dai modelli trecenteschi di Barnaba da Modena.
Sant’Antonio, invocato contro il contagio e altre malattie (fuoco di sant’Antonio), protettore degli animali, è rappresentato come un monaco barbato dai radi capelli, con indosso il tipico mantello con la tau, simbolo del bastone abbaziale. Sono visibili gli altri tipici attributi del Santo: la campanella, il libro, il fuoco e ai piedi un maialino (qui raffigurato con le sembianze, più consone alla fauna locale, di un piccolo cinghiale).

Sulla destra, con tratti più grossolani e probabilmente dipinti da una mano diversa sono rappresentati sant’Antonio, san Paolo e l’Eremita con il corvo.
Da notare: le colline, la vegetazione tipicamente locale che fa da sfondo e gli alberi che proiettano l’ombra in direzioni diverse. La serie di nubi striate, stese sul bianco del semplice intonaco, molto simili a quelle che compaiono in altri riquadri, fanno pensare ad uno stesso autore.
Nella parte absidale di sinistra è presente il Cristo con san Sebastiano e san Rocco (a cui si rivolgevano le preghiere per chiedere protezione dalla peste). Sono presenti anche i nomi di alcuni committenti dell’opera come Jacopus Camillia, Johannes Servetus e Jacopus De Ferraris. Le pareti laterali sono risultate interamente affrescate sopra un velario scandito da un fregio rinascimentale.

Nella parete destra viene rappresentato un ciclo della vita di sant’Antonio abate.
Le Tentazioni: sant’Antonio affronta una donna licenziosa indicandole il fuoco perenne. La tematica del riquadro è riconoscibile dalla presenza delle calzature e di un lembo sollevato dell’abito.
L’aggressione da parte del maligno: sant’Antonio, gettato a terra, subisce la violenza di due demoni terrestri, dalle sembianze metà umane e metà animalesche, che lo colpiscono con sassi e lo assordano con una tromba, mentre un grifone dalla lingua infuocata lo aggredisce e lo minaccia. Ai piedi del santo, la campanella ed il libro persi durante la caduta e il ricorrente simbolo maialino-cinghiale. Da notare la picchettatura sui volti e sui genitali dei diavoli, espressione della volontà dei fedeli del XVII secolo di distruggere ed esorcizzare la presenza del maligno.

Link:
http://comune.niellatanaro.cn.it
http://www.sebastianus.org/santantonio-a-niella-tanaro/
http://archeocarta.org/niella-tanaro-cn-cappelle-di-santanna-e-della-confraternita-dei-disciplinati/
http://www.cappelledeltanaro.it/pubblicazioni.html
https://www.santantonioabate.afom.it/niella-tanaro-cn-cappella-della-confraternita-dei-disciplinati-di-s-antonio-abate/

Bibliografia:
– Bertone L, Arte nel Monregalese, L’Artistica Savigliano, Savigliano 2002
– Pio G. B, Cronistoria dei comuni dell’antico mandamento di Bossolasco con cenni sulle Langhe, Giorgio Baruffaldi, Cuneo 1975
– Bongioanni Renzo, Gasco Piero, Raineri Geronimo (a cura di), Antichi affreschi del Monregalese, Rotary Club di Mondovì, Mondovì 1965

Fonti:
Notizie e fotografie tratte nel 2008 dal sito del Comune.
Altre info e ultima foto da documentazione dei restauri finanziati da CRC, dal sito www.fondazionecrc.it

Data compilazione scheda: 22/06/2024

Nome del rilevatore: Feliciano Della Mora

BIANZE’ (Vc). Chiesa parrocchiale, Pietà e i santi Antonio abate e Lucia.

Secondo trittico defendetesco, ora nella sacrestia della parrocchiale, proveniente dalla Confraternita della Misericordia, attribuito alla bottega di Defendente Ferrari e risalente al 1510 c.

Bibliografia:
– Cinzia Lacchia, Massimiliano Caldera, Il polittico di Bianzè, Scalpendi Editore, Vercelli 2015, pp. 28-29.

COLLEZIONE PRIVATA. “Trasporto di Cristo al sepolcro” di Defendente Ferrari

Tavola di 48 x 31 cm.
“Comparsa sul mercato antiquario torinese, presso la galleria Gilberto Zabert nell’autunno del 1973, con la giusta attribuzione a Defendente Ferrari e con l’indicazione di una non meglio precisata provenienza da una collezione privata parigina; si trova ora in una collezione privata italiana.
Più che una Deposizione nel sepolcro come indicava la scheda del catalogo di vendita, il dipinto raffigura più precisamente il momento in cui Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo trasportano il corpo di Gesù di Nazareth, ormai privo di vita, verso il sepolcro.”
Sulla sinistra sono “tre figure, che con ogni probabilità vanno identificate con la Madonna in quella maggiormente in primo piano, in san Giovanni e in una delle Marie, mentre un quarto personaggio in primo piano di spalle bacia la mano del Salvatore. … Sullo sfondo della composizione, nella parte superiore della scena, si possono notare alcune architetture e torri, a simboleggiare la città santa di Gerusalemme, mentre sulla destra, in secondo piano, dietro a un gruppo roccioso, si scorgono gli ultimi bagliori del giorno, con il sole che sta oramai placidamente tramontando. … Sul retro vi è una figura a monocromo, in cui la parte del volto appare però quasi totalmente abrasa, tanto da renderla difficilmente leggibile. Il personaggio, tuttavia, va certamente riconosciuto in san Michele Arcangelo, grazie alle presenza delle ali spalancate e di una lunga lancia che trafigge il demonio ai piedi del santo stesso. … (Ciò) nduce a credere che fosse in origine un’anta di un piccolo trittico a sportelli, tuttavia non sembrano potersi scorgere segni espliciti lasciati da cerniere o elementi analoghi, che comproverebbero indubitabilmente tale ipotesi. Attualmente l’opera è provvista di una cornice non originale.”
Simile ad altre opere di Defendente come la Crocifissione al Museo di Palazzo Madama a Torino https://www.defendenteferrari.afom.it/torino-museo-civico-arte-antica-crocifissione/ e le tavolette a Bergamo https://www.defendenteferrari.afom.it/bergamo-accademia-carrara-cristo-in-meditazione-seduto-sulla-croce/ e https://www.defendenteferrari.afom.it/bergamo-accademia-carrara-flagellazione-di-cristo/.

 

 

­Immagine e testo in parte tratti dal saggio di:
Riccardi Simone, “Un inedito Trasporto di Cristo al sepolcro di Defendente Ferrari”, in “
Palazzo Madama 2022”, pp. 2-9,  Vedi allegato: saggio-4_Riccardi_PALAZZO-MADAMA.PDF

AC

PIEMONTE. Collezioni private. Opere in mostra 2022-23

Defendente Ferrari: “Presentazione al Tempio” e “Vergine con due Evangelisti”


Tempere su tavola datate al 1505-10, su tavole di 100 x 42,5
Presenti nell’Esposizione Nazionale di Belle Arti tenutasi a Torino nel 1880, all’epoca appartenevano al marchese di Saint Andrè; poi passarono nella collezione dei Thaon di Revel; comparse sul mercato antiquario milanese negli anni Ottanta del Novecento; poi nella Galleria Sestieri, Roma; dal 2018 nella Galleria Salomon, Milano, che li ha venduti recentemente https://www.salamongallery.it/dipinti_opera.php?codice=28
L’ampio uso del fondo oro suggerisce una commissione di grande prestigio.
L’ambientazione dei pannelli ricorda lo “Sposalizio della Vergine “ al Museo civico torinese e quindi una datazione entro il 1510.
La seconda tavola (che Federico Zeri intitolò “Apostoli scrivono ispirati dalla Madonna”) è di più difficile valutazione e, nella scheda, Serena d’Italia ipotizza un coinvolgimento della bottega di Giovanni Martino Spanzotti.

Immagine e informazioni dal catalogo della mostra “Rinascimento privato”, Museo arti decorative Accorsi-Ometto, Torino, 21 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023, Sagep editori, Genova 2022,pp. 90-91, cui si rimanda per approfondimenti e notizie sui dipinti.


Defendente Ferrari: “Santo Stefano, sant’Agata, san Giovanni evangelista e san Giovanni battista”

Quattro dipinti a tempera su tavola ciascuna di 131 x 43 cm.
Appartengono alla tarda produzione dell’artista, 1425-35. Tra il 1951 e il 1965  sono di proprietà dell’avvocato Gianni Agnelli.
Successivamente verranno comprate dall’antiquario Pietro Accorsi.
Facevano parte di un monumentale polittico, di cui è ignota l’originaria sede, ma di cui oggi si conoscono 10 tavole con un Santo a figura intera su un pavimento marmoreo a losanghe.

La tavola con “San Giovanni battista” era stata venduta da Accorsi molto probabilmente al re della lana di lusso Zegna di Biella, poi finì nell’oblio. Fu la scovata casualmente sei mesi fa al Tefaf  di Maastricht, la più importante fiera di arte e antiquariato d’Europa. Nacque così un contatto proficuo con il collezionista di origine torinese Gian Enzo Sperone che la acquistò per 250.000 euro da un mercante di Parigi.

 

Altre tavole sono: tre al Museo Civico torinese: “SS. Pietro, Lucia e Lorenzo”, vedi scheda.
Un’altra tavola raffigura “Santa Caterina”, vedi scheda sopra indicata.
La tavola con “San Paolo” è in ignota collezione privata.
La tavola con “Santa Margherita” fu venduta all’asta il 18 marzo 1930, lotto 28, presso Vieveg-Braunschweig, Berlino, oggi in collocazione ignota.

 

Immagine e info dal catalogo della mostra “Rinascimento privato”, Museo arti decorative Accorsi-Ometto, Torino, 21 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023, Sagep editori, Genova 2022, pp. 92-3
Si rimanda a questo testo per approfondimenti e notizie sui dipinti.

Per il  “San Giovanni battista” vedi articolo su LASTAMPA 22-12-2022

 


Defendente Ferrari: “Bacio di Giuda”

Tempera su tavola di 138 x 92 cm.
Attribuibile alla maturità del pittore, intorno al 1520, opera finora sconosciuta alla critica.
Dagli archivi fotografici negli anni ‘trenta del Novecento si evince che apparteneva al collezionista torinese Arturo Allomello ed era accompagnato da un altro elemento dello stesso polittico raffigurante “L’orazione nell’orto dei Getsemani”, non ancora rintracciato.
Il dipinto poi passò alla collezione Bruni Tedeschi; all’antiquario Giovanni Del Bosco; alle gallerie di Marco Datrino e infine (2015) agli attuali proprietari.
La posizione di Cristo, di spalle, forse fu ispirata da un modello a stampa, ripreso nella tavola a monocromo della “Cattura di Cristo” in San Giovanni ad Avigliana, che fa parte di una serie di tavole dipinte sul retro a grisaille, opera dell’ultima produzione dell’artista.
In quest’opera Defendente usa la tecnica del nebulizzato, già usata in opere giovanili, “che permette di modulare la cromia in maniera estremamente raffinata”1.

1. Dalla scheda di Serena D’Italia in: “Rinascimento privato”, catalogo della mostra al Museo arti decorative Accorsi-Ometto, Torino, 21 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023, Sagep editori, Genova 2022, pp. 94-5, cui si rimanda per approfondimenti e notizie sul dipinto.
Immagine dal citato catalogo.


Defendente Ferrari: “Natività”

Datata al 1510-1515, tempera su tavola che misura 55 x 39,5 cm.
La luce proviene dal lato sinistro e dal foro nel tetto; la prospettiva è data dalle bacchette poste sui ruderi in primo piano, dalla fuga architettonica e dal personaggio col cagnolino; particolari in parte di ispirazione oltralpina che si ritrovano in altre opere del pittore.
La datazione precoce dell’opera è confermata da confronti con altri dipinti di Defendente e dalla particolare posa del Bimbo disteso sul mantello della Vergine e appoggiato a un braccino ripiegato, presente anche nelle opere di analogo soggetto al Museo di Cambridge (USA), vedi scheda e a Torino, Galleria Sabauda, anta del trittico che però presenta le figure speculari, vedi.

Immagine e info dal catalogo della mostra “Rinascimento privato”, Museo arti decorative Accorsi-Ometto, Torino, 21 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023, Sagep editori, Genova 2022, pp. 96-7
Si rimanda a questo testo per approfondimenti e notizie sul dipinto.

NB:
Opere nella mostra dal titolo “Rinascimento privato”, al Museo arti decorative Accorsi-Ometto, Torino, 21 ottobre 2022 – 29 gennaio 2023, Sagep editori, Genova 2022

TORINO. Museo Civico d’Arte Antica, “Disputa di Gesù tra i dottori”


Tempera su tavola (140 x 93 x 2,5, con cornice: 205 x 147 x 15 cm), dipinta da Defendente Ferrari nel 1510.
Numero inventario 0434/D
Reca una sigla con una M ed una F intrecciate.

Esposto nel 1938 alla mostra del Gotico e del Rinascimento in Piemonte fra le opere attribuibili a Gian Martino Spanzotti, operoso nella regione piemontese, secondo i documenti, dal 1480 al 1526, questo interessante dipinto, dono dell’ing. Vincenzo Fontana, ripropone la complessa questione delle affinità e delle disparità stilistiche d’interi gruppi di pitture variamente assegnate ora al maestro casalese, ora al suo presumubile discepolo Defendente Ferrari “de Clavasio” (Chivasso), la cui attività desunta dalle opere datate finora note va compresa fra il 1500 e il 1535, accettando per sua, e del 1500 come propose Anna Maria Brizio (La pittura in Piemonte dall’età romanica al Cinquecento, Torino, 1942), l’Assunta di Budapest.
E’ infatti dall’attribuzione allo Spanzotti o al Ferrari della Disputa di Gesù coi dottori nel Tempio (e del Battesimo di Cristo nel Duomo torinese), che i suddetti gruppi possono essere spostati dall’uno all’altro pittore: salvo ammettere la tesi di Noemi Gabrielli (La mostra del Gotico e Rinascimento in Piemonte), Bollettino della sezione d’Alessandria della R. Deputazione Subalpina di Storia Patria, luglio-dicembre 1938), la quale assegna la Disputa ad un maestro che avrebbe avuto grande influenza sulla formazione di Defendente, e che potrebbe essere Amedeo Albini, di cui si conosce il nome, ai suoi tempi molto celebrato, da documenti fra il 1460 e i primi del Cinquecento, ma nessuna opera.
Di qui l’importanza di questa Disputa che Vittorio Viale (Gotico e Rinascimento in Piemonte, Torino 1939) diede allo Spanzotti, come già l’aveva data Alessandro Baudi di Vesme (Nuove informazioni intorno al pittore M. Spanzotti, Atti della Società piemontese di Archeologia e Belle Arti, Torino, 1918), interpretando il monogramma visibile su un gradino del trono di Gesù disputante “Martinus Fecit” (là dove la Gabrielli propone l’interpretazione “Amedeo Albini Fece“).
Viceversa la Brizio (op. cit.) non esita ad attribuire la Disputa a Defendente Ferrari, e precisamente alla sua attività giovanile, cioè al primo decennio del Cinquecento: come già il Berenson (Pitture italiane del Rinascimento, Milano 1936).
In questa opposizione di dotti pareri, conviene tener presente che del quadro esistono ben tre repliche con leggere varianti nei tipi e nel fondo, delle quali la prima eseguita da Gerolamo Giovenone nel 1513, la seconda firmata e datata 1526 da Defendente Ferrari (Museo di Stuttgart), la terza, di fattura assai inferiore, di anonimo piemontese, e che lo schema compositivo dell’opera ha punti di contatto con quello, assai più semplice, della Disputa affrescata dallo Spanzotti nel ciclo della vita di Gesù nell’ex convento di San Bernardino di Ivrea.

in Marziano Bernardi, Il Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama a Torino, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1954.

Per la datazione cfr. Romano G., 1970, p. 12 e Viale V., 1939, p. 63. Secondo Romano G. (1996, p. 540) da inserire nel gruppo di opere, “in limitato anticipo rispetto alle opere certe del 1509 e del 1511”, che comprende l’Adorazione dei Magi già Contini-Bonacossi ora al Museum di Malibu/Los Angeles [vedi scheda] e l’Adorazione del Bambino notturna del Fogg Art Museum della Harvard University (Cambridge, Mass.) [vedi scheda].
Il monogramma, iscritto sui gradini del trono, è stato variamente letto e interpretato (cfr. ad esempio A. Baudi di Vesme 1918, N. Gabrielli 1938, R. Carità, 1955).
Il dipinto fu “l’archetipo per una serie di tavole dello stesso tema, tra cui la Disputa del Museo della Parrocchiale di Embrun, e quella di Giovenone datata 1513″ (G. Romano 1996).

Proviene dalla collezione Fontana, al Museo per lascito del 1909.

Bibliografia:
– Baudi di Vesme A., I principali discepoli del pittore Martino Spanzotti, in: “Atti della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti”, 1918
– Carità R., Ipotesi sul primo Cinquecento piemontese, in “Bollettino d’Arte”, 1955
– Gabrielli N., La mostra del gotico e del rinascimento in Piemonte, in: “Rivista di Storia Arte Archeologia. Bollettino della sezione di Alessandria della R. Deputazione Subalpina di Storia Patria”, 1938
– Romano G., Casalesi del Cinquecento. L’avvento del manierismo in una città padana, 1970
– Romano G., Dizionario Biografico degli Italiani. Ferrari Defendente, v. 46, 1996
– Viale V., Gotico e del Rinascimento in Piemonte (catalogo mostra), 1939

Immagine e testo da:
https://www.palazzomadamatorino.it/it/le-collezioni/catalogo-delle-opere-online/disputa-di-ges%C3%B9-tra-i-dottori

TORINO. Museo Civico d’Arte Antica, “Angelo annunziante”

Tempera su tavola (56 x 46,6 cm, con cornice moderna), realizzata da Defendente Ferrari nel 1520.
Numero inventario 0508/D

Il tema dell’Annunciazione fu in genere poco sfruttato da Defendente Ferrari come motivo principale di rappresentazione. Esso costituisce, è vero, il centro del trittico della Madonna dei Laghi di Avigliana; ma il pittore predilesse, di solito, la Natività, le Adorazioni, le Madonne in trono, le Assunzioni, le raffigurazioni di santi.
L’Angelo annunziante e la Vergine annunziata furono invece da lui introdotti volentieri, chiusi entro tondini, negli angoli delle cornici delle ancone, come nell’Assunzione di Ciriè; o posti a campeggiare nei riguadri laterali superiori di polittici, come appunto nel grande polittico, poi smembrato e di soggetto ignoto, cui appartenevano questo Angelo e la Vergine, riprodotta in altra scheda.
Poche figure di Defendente uguagliano per grazia, purezza, e per il candore di sentimento cui così perfettamente s’intona il gusto ancor gotico della pittura, questo divino messaggero che appartiene alla maturità dell’artista.

in Marziano Bernardi, Il Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama a Torino, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1954.

Immagine da:
https://www.palazzomadamatorino.it/it/le-collezioni/catalogo-delle-opere-online/angelo-annunziante-0

TORINO. Museo Civico d’Arte Antica, “Vergine annunziata”

Tempera su tavola (56,5 x 47 x 2,5 cm), dipinta da Defendente Ferrari nel 1520
Numero inventario 0503/D

Con l’Angelo annunziante riprodotto in altra scheda, questa Vergine annunziata faceva parte di un grande polittico di Defendente Ferrari, di cui le due immagini, collocate in alto, una per parte, è quanto per ora conosciamo.
Entrambe pervennero al Museo civico torinese dalla collezione donata dall’ing. Vincenzo Fontana, ricchissima d’opere di Defendente, adesso conservate in Palazzo Madama.
Il volto e l’atteggiamento di Maria richiamano con tanta evidenza a quelli dell’Adorazione del Duomo di Susa e dell’altra del Duomo d’Ivrea, che il dipinto può essere assegnato al periodo 1515-20, cioè ad un momento particolarmente felice per l’attività del maestro piemontese.

in Marziano Bernardi, Il Museo Civico d’Arte Antica di Palazzo Madama a Torino, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1954.

Immagine da:
https://www.palazzomadamatorino.it/it/le-collezioni/catalogo-delle-opere-online/vergine-annunziata

CERES (To), fraz. Voragno. Cappella S. Lorenzo e S. Sebastiano.

La cappella di Voragno venne edificata nel Cinquecento e fu ampliata nel terzo quarto del Settecento dal signor Bianco-Fria Nicolao di Voragno.
Come attesta un documento rinvenuto presso l’Archivio Parrocchiale di Ceres, il 16 aprile 1910 l’allora vicario di Ceres Giovanni Milone ottenne, con Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione, che la cappella di Voragno e i suoi affreschi risalenti alla prima metà del Cinquecento fossero riconosciuti come monumento pregevole d’arte e di storia.
Nel 1930 il Principe di Piemonte, venuto nelle Valli per delle manovre militari, si fermò ad osservare questi affreschi e ne fece un rilievo fotografico, soprattutto per la parte relativa al Santo Sudario.
Negli ultimi decenni i dipinti sono stati restaurati due volte: nel 1978 e nel 1997. Tali interventi piuttosto ravvicinati nel tempo si sono resi necessari per la posizione particolarmente esposta agli agenti atmosferici ed inquinanti della parete sulla quale l’affresco si trova, prospiciente alla stretta strada provinciale.
Il restauro del 1978 è stato eseguito da Guido Nicola, il quale ha effettuato delle iniezioni di consolidamento nell’intonaco, ha fissato il colore e ha steso un velo protettivo di polaroid. Prima del fissaggio definitivo, sono state eseguite delle integrazioni ad acquerello.
L’opera svolta nel 1997 dalla ditta Rocca di Balangero, con la supervisione della Soprintendenza per i beni artistici e storici del Piemonte, ha avuto l’effetto di riportare in vita linee e colori, rendendo nuovamente leggibile quello che risulta il più antico affresco al mondo raffigurante un’ostensione pubblica della Reliquia.
Al termine dei lavori di restauro è stata posta una grande copertura in lastre di lexan, progettata dall’architetto Guido Icardi per difendere le pitture dall’aggressione degli agenti atmosferici e dall’inquinamento. Tale struttura di protezione ne consente comunque una buona visibilità e ha permesso di mantenere l’affresco nel suo contesto originale.
Un’analisi dettagliata di tali affreschi è stata fatta dal barone Giovanni Donna d’Oldenico in un suo saggio interamente dedicato a questi dipinti.

Edificio a pianta di forma rettangolare, di dimensioni interne di circa 6.45m x 15.80m, con sacrestia di dimensioni 3.60m x 3.10m e di altezza inferiore rispetto al resto della chiesa.
La facciata, intonacata con intonaco grezzo, è simmetrica e ha una sola finestra quadrata sopra la porta d’ingresso in legno a due battenti. Ai lati della finestra ci sono due affreschi. In basso la facciata termina con uno zoccolo con intonaco grezzo.
Le pareti laterali sono realizzate in pietra come tutte le altre murature e sono rifinite con intonaco grezzo; sulla parete prospiciente la strada provinciale vi sono gli affreschi raffiguranti il Santo Sudario. Sempre sulla stessa parete vi sono cinque finestre delle quali tre sono situate in corrispondenza delle prime due campate, mentre le altre due, collocate sopra gli affreschi, si trovano in corrispondenza delle due campate verso l’altare. Le tre finestre delle prime campate, quella della sacrestia, quella della facciata principale e la porta d’ingresso, sono tutte contornate da una cornice di intonaco bianco. Nel tratto in cui vi sono gli affreschi vi è una porta attualmente murata.
Il campanile è inglobato nella costruzione, posto in corrispondenza del muro di facciata: anch’esso è realizzato in pietra ed è intonacato come le murature dell’intero edificio.
La copertura è costituita da un tetto a falde, con orditura in legno e manto di copertura in lose.
Si entra salendo quattro gradini. La cappella è a navata unica, ma l’ambiente è suddiviso in campate di larghezza decrescente andando dall’ingresso verso l’altare.
Le pareti interne sono intonacate, come pure la volta.

La copertura dell’ambiente è costituita da quattro volte a crociera: le prime due verso l’ingresso sono più basse rispetto alle due verso l’altare perché sopra le prime c’è il coro che è coperto con volta in legno.
La pavimentazione è in lastre di pietra.
Attualmente questa cappella viene officiata in occasione della festa di San Lorenzo che ricorre il 10 agosto.

[Cfr. P. MASSAGLIA, Chiese e cappelle in Val d’Ala. Comuni di Ceres, Ala di Stura, Balme. Schede d’inventario (Società Storica delle Valli di Lanzo – XCVII), Lanzo Torinese, 2006]

Fonte:
https://www.parrocchiaceres.it/index.php/chiesa-e-cappelle/8-cappella-s-lorenzo-e-sebastiano

Info:
Parroco Don Claudio Pavesio – Cell. 335/8000467
Segreteria: 0123/53 313 – Orario: Lun. Giov. Sab. – ore 9:30 – 11:30

Nota:
Gli affreschi sindonici risalgono alla terza decade del Cinquecento e sono opera di buona mano pittorica ricollegabile all’ambito della Scuola Vercellese che ha avuto maestri di chiara fama, quali Defendente Ferrari e i Giovenone.