AVIGLIANA (TO). Chiesa di San Giovanni, Polittico della Nativita’ o dell’Adorazione.
La chiesa romanico-gotica, fondata tra il 1284 e 1320, fu molto restaurata a fine Ottocento ed ancora recentemente; conserva il campanile romanico, mentre la facciata ha modi gotici, come documenta il motivo ornamentale della semplice ghimberga.
L’atrio, a pianta trapezoidale, è diviso in due campate trasversali con archi ogivali e volte a crociera cordonate: a sin. resti di un affresco della Madonna col bambino e tre santi; a d. affreschi (santi) assai deperiti del XV sec.
Varcato l’atrio, si entra nella chiesa vera e propria, dalle belle decorazioni barocche ma ricca soprattutto di preziosi quadri, dotati di cornici architettoniche elegantissime; in particolare, tra le diverse opere esposte ne figurano ben 10 del maestro Defendente Ferrari o comunque della sua scuola o bottega, tutte realizzate con la tecnica della tempera su tavola lignea e databili alla prima metà del ‘500.
A proposito di questa raccolta di dipinti lo storico d’arte L. Mallè così scrisse riferendosi ad Avigliana: “…la cittadina che nella catena delle sue antiche chiese era divenuta museo di Defendente, in parte disperso, in parte radunato poi nella chiesa di S. Giovanni”.
Sul lato sinistro della navata, nella quarta cappella, sopra l’altare dell’antico patronato dei Provana di Collegno si trova il polittico della Natività, datato 1511 ed anch’esso opera del Defendente Ferrari, proveniente dalla vicina chiesa degli Umiliati che, come già è stato detto, fu abbattuta per migliorare le difese della città; durante il trasloco si “perse” peraltro la predella originale, sostituita poi da opere di scarso valore. Al centro della composizione è rappresentata la Madonna che insieme a due angioletti è in adorazione del Bambino Gesù, adagiato su un lembo del mantello materno, mentre San Giuseppe osserva in disparte la scena.
Nel pannello centrale la Madonna è china verso il Bambino, posato su un lembo del manto della Madre, elemento comune alle rappresentazioni dell’Adorazione. Completano la scena due piccoli angeli, il bue e l’asino e, dietro una parasta, S. Giuseppe. L’iconografia del Bambino è ripresa da una tavola di Martino Spanzotti, parte di un polittico ora smembrato, conservata in una collezione privata e datata tra il 1495 e il 1500. La scena è ambientata in un interno umile, cui il particolare della fiasca appesa a una trave conferisce una quotidianità di ispirazione fiamminga.
Da notare tra le teste della Madonna e di San Giuseppe è leggibile una sigla (DF), considerata la firma autografa di Defendente Ferrari, mentre sulla tappezzeria di sfondo delle quattro immagini laterali sono più volte ripetuti i monogrammi AVE; MA; RIAA.
Nei pannelli laterali sono rappresentati quattro santi: in basso a sinistra san Sebastiano e a destra san Rocco; in alto, a mezzo busto, san Francesco ed un Santo monaco.
San Sebastiano, diversamente dall’iconografia tradizionale, è rappresentato con indosso veste e mantello e mentre impugna le frecce, simbolo del suo martirio; una resa analoga si trova nel polittico sull’altare di S. Antonio di Ranverso. Il polittico è coronato da un tondo con Cristo che emerge dal sepolcro, analogamente al coronamento del polittico di Ranverso.
Nel pannello di destra è raffigurato san Rocco in abito da pellegrino, con in evidenza la piaga della gamba e con un cane che tiene in bocca una pagnotta (secondo la tradizione, questo animale sfamò e guarì il Santo). Nel registro superiore, un Santo monaco è intento a leggere un libro «…per il cui riconoscimento non è mai stata avanzata alcuna proposta: la tonsura monacale e l’abito scuro, tuttavia, lo qualificano come un benedettino, mentre il gesto di leggere un libro è un attributo iconografico che rimanda in modo abbastanza inequivocabile a san Mauro»: tale proposta di identificazione proviene dal testo di Fabrizio Fantino, Un nucleo di documenti inediti e qualche precisazione per un polittico aviglianese di Defendente Ferrari, in “Segusium” n° 49, settembre 2010, pp. 171-180.
I tre pannelli della predella originale, ancora presenti nel 1669, sono andati perduti in una data imprecisata e sono stati sostituiti dai tre dipinti, attualmente visibili, eseguiti nel 1884 da Eugenio Buccinelli, che raffigurano la Sacra Famiglia, la Fuga in Egitto e la Morte di san Giuseppe.
Il polittico è racchiuso da una cornice di legno dorato, scolpito con elementi vegetali stilizzati.
L’Adorazione è una delle iconografie più ricorrenti nella produzione di Defendente; lo schema compositivo, nella maggior parte delle opere, varia solo in alcuni particolari, come il numero degli angeli, la posizione di san Giuseppe e la collocazione del bue e dell’asino.
Un precedente immediato del polittico di Avigliana è la cosiddetta Adorazione notturna del Museo Civico di Arte Antica di Torino, datata al 1510, vedi scheda, che segna il prevalere dell’influenza della pittura nordica, tedesca e soprattutto fiamminga, sui modelli rinascimentali appresi da Defendente durante la collaborazione con Martino Spanzotti, nella bottega del quale Defendente lavorò come allievo e collaboratore nei primi anni del Cinquecento.
Il polittico riveste una notevole importanza per quanto attiene alla cronologia dell’attività di Defendente; è infatti la più antica opera firmata, tra quelle giunte a noi, grazie al monogramma F-P (Ferrarius pinxit) scritto sotto la cornice della parasta che sostiene la trave di copertura del tetto nel pannello centrale.
La collocazione del polittico nella sua sede attuale, la quarta cappella sinistra della chiesa, data al 1669; non è stato finora possibile risalire alla collocazione precedente dell’opera.
Bibliografia:
– P. NESTA (a cura di). La Chiesa di San Giovanni di Avigliana, con i contributi di Maria Paola Ruffino, Mauro Cortelazzo, Fabrizio Fantino, Paolo Triolo, Edizioni del Graffio – Via Abegg, 43 – 10050 Borgone Susa (TO)
www.studiograffio.it
– F. FANTINO, “Altare ipsum est munitum icona satis pulchra”: i dipinti cinquecenteschi di Gerolamo Giovenale e di Defendente Ferrari, in P. NESTA (a cura di), La chiesa di S. Giovanni di Avigliana, Borgone Susa 2011, pagg. 158-162.